rescu, nè il Dobrogeanu-Gherea (per parlar solo di quelli che ne han trattato di proposito) ci hanno dato alcuna pagina conclusiva sull’arte di questo indubbiamente grande poeta; ma che, appunto perchè grande, non si presta ad esser costretto in nessuna delle comode caselle di certa critica. Eminescu ha bisogno di un’anima di critico-poeta che ne riecheggi e ne ricrei la poesia infinitamente dolce e suggestiva, delicata, aerea, il cui fascino consiste più nei sentimenti che suggerisce il verso incredibilmente armonioso e musicale, che in quello che realmente dice. Solo un De Sanctis o un Renato Serra (più forse un Renato Serra che un De Sanctis, essendo quistione di strappargli il segreto tecnico di quella sua musicalità così suggestiva!) potrebbero provarcisi. Si è troppo parlato dell’Eminescu filosofo, s’è troppo trascurato l’Eminescu puro artista e puro poeta. Si parla troppo dell’Astro e delle Epistole, troppo poco di quei puri capolavori che sono: Fiore azzurro, Desiderio, Il Lago, Solitudine, Nel mondo degli uccelli, Frammento, Uccellini assonnati, E se i rami battono..., Oltre la vetta, Diana, Così fresca..., Lascia il tuo vecchio mondo, La sera sulla collina, Per la medesima stradetta, Oh, restai, Fremito di selva, Ritorno, Nel più fitto del bosco, Perchè sempre batte il vento, ecc., dove Eminescu è più Eminescu che altrove, dove l’elemento allotrio della filosofia, del patriottismo, della storia (e sia pure fantasticamente rivissuta!) non entra a turbare il flusso melodioso dell’ispirazione lirica pura, la serenità e la freschezza del paesaggio rumeno, per cui a me piace definir Eminescu il poeta della selva e della polla e che trova il suo riscontro solo nella pittura del Grigorescu. La quale è anch’essa difficile a capire da chi in quei toni stanchi, aerei, discreti, in quel paesaggio dolcemente melanconico, visto come attraverso una nebbia o un velo di lagrime, non sappia veder riflesso quel lampo dolce di malinconia discreta, di rassegnazione e d’abbandono confidente, che uno stra-