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xxxiv | Introduzione |
tempo a cercarla, ma lasciava uno spazio vuoto e procedeva innanzi. Quando il lavoro era finito, lo rileggeva infinite volte, e cominciava poi lentamente a correggerlo e a limarlo, cesellandone minuziosamente la forma, finchè arrivava ad ottenere quell’espressione concisa e lapidaria che oggi ammiriamo in tutte le sue poesie e che disgraziatamente la traduzione non può sempre ridare in tutta la sua musicalità. Dopo, chiudeva il lavoro nel cassetto e non lo mostrava a nessuno finchè non fosse pubblicato. Spesso si sprofondava a tal punto nella composizione, da scrivere fino a notte avanzata; e non usciva neppure per recarsi a cena. Mandava qualcuno a comperargli del pane, del formaggio e una bottiglia di birra dal salumaio più vicino e seguitava a scrivere. Quando i suoi compagni tornavano a casa, trovavano nelle stanze un’aria addirittura irrespirabile, viziata dal fumo delle innumerevoli sigarette, dalle esalazioni del fornellino a spirito e della lampada a petrolio, ed Eminescu che a mala pena si vedeva, avvolto com’era in una densa nuvola di fumo, che scriveva col capo chino quasi sotto il lume, sopra un largo foglio di carta. Aprivano allora tutte le finestre ed anche Eminescu, che fin’allora non s’era accorto dell’aria cattiva che c’era nella stanza, respirava finalmente, sollevato. Quando non scriveva, leggeva di continuo ogni sorta di libri, disteso su di un sofà o addirittura a letto. Il suo tavolino era pieno zeppo di libri rumeni e tedeschi. In rumeno gli piaceva di leggere e rileggere gli antichi cronisti dal saporito stile arcaico e le Convorbiri Literare, alle quali aveva cominciato da poco a collaborare e che riceveva perciò regolarmente. In tedesco leggeva i classici, le opere di Schopenhauer che gli aveva regalate il Direttore delle Convorbiri Iacob Negruzzi1. Accanto ai volumi di
- ↑ Oggi membro dell’Accademia Rumena ed autore di certi interessanti Ricordi della «Junimea», il famoso cenacolo letterario, orientato verso la letteratura, e, in genere la cultura tedesca, il