Pagina:Eminescu - Poesie, 1927.djvu/117


Poesie 39


Bruci pare tra i carboni il mentecatto il suo prezioso smeraldo
e ne riduca in vana polvere l’eterno splendore!

Tu ti bruci gli occhi, o fanciulla! l’eterna lor notte si spegne
nè sai die perda il mondo. Non piangere, non pianger più!

VI.


135Tu, re dalla barba arruffata come la stoppa grezza,
tu in cipo non hai cervello, ma polenta e pan cotto!

Di’, sei contento d’esser solo, vecchio re rammollito,
a fumar la tua pipa col pensiero alla figliuola?

d’esser solo a passeggiar per la stanza e contare i travicelli del soffitto?
140Molto ficco fosti un tempo, povero in canna sei rimasto!

Non ricordi d’aver sbandito tua figlia, perchè lungi dai genitori,
nella capanna diasprata, ti generasse un figlio di Re?

Inutilmente a cercarla pel mondo ora mandi ambascerie:
nessuno troverà più il rifugio misterioso dov’ella s’asconde!


VII.


143Grigia è la sera d’autunno; grigia l’acqua sui laghi
affonda il suo moto increspato tra i cespugli della diga,

e la selva lene sospira, e, tra le fronde secche,
di tanto in tanto passa un brivido che tutta la scuote,

mentre il bosco, il caro bosco, ammucchiando le sue foglie
150rivela le sue profondità misteriose, perchè la luna le illumini.

Triste è la natura; un vento lugubre spezza i ramicelli,
e fontane solitarie cantano un canto funebre.

Per il sentiero che il bosco traversa, chi mai discende?
È un eroe dagli occhi d’aquila che a gran passi la valle percorre!

155Sette anni son passati, o Vampiro dalla nera chioma,
da quando partisti immemore della bella, innamorata fanciulla!