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INTRODUZIONE
EMINESCU:
IL POETA RUMENO DELLA FORESTA E DELLA POLLA
— Ora possiamo dire d’essere davvero in Bucovina! — mi disse il collega e amico Sextil Pușcariu, additandomi il succedersi delle dolci collinette che si profilavano all’orizzonte, sfavillanti nel verde smeraldo dei lor boschi di faggi; le praterie costellate di fiori gialli, bianchi, violetti, sì da sembrar giardini incantati; il fiumicello che si rompeva in mille canore cascatelle, sulle quali il treno passava e ripassava, quasi non avesse coraggio di abbandonarle definitivamente.
A Sextil Pușcariu ridevano gli occhi, dicendomi quelle parole, e non certo perchè pensasse all’etimologia della parola Bucovina (che vuol dir terra dei faggi) o alla giustezza di un tale appellativo. No. Sextil Pușcariu è quel dotto filologo che tutti sanno in Rumania e altrove, giacchè da un pezzo la sua fama è uscita dagli angusti limiti della terra che gli ha dato i natali; ma è anche — e soprattutto — una nobile e cara anima, un uomo dalla vita affettiva ricca e profonda, un cuore per nulla secco dalla polvere degli archivi e dei calepini; sì che posso assicurarvi che non pensava in quel momento a nessuna etimologia (e neppur semasiologia) per quanto poetica ella potesse sembrare.