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stato un ridicolo, un puerile apologo delle membra ribellatesi contro lo stomaco. Temistocle produsse lo stesso effetto col suo apologo della volpe e del riccio. Impieghi pure il sapiente i più sodi ragionamenti della filosofia; non vi riuscirà mai come un Sertorio colla favolosa sua cerva, o colla sua piacevole astuzia delle code dei due cavalli. Non otterrà giammai il suo intento, come l’ottennero i due cani del celebre legislatore di Sparti. Non parlo di Minosse, nè di Numa, i quali per via di favolose invenzioni seppero trar profitto dalla popolare ignoranza. Sempre con simili puerilità, si fa muovere quella grande e grossa bestia, che chiamasi popolo.

Ditemi un poco se vi fu una sola città, che abbia adottate le leggi di Platone e d’Aristotele, e le massime di Socrate? Rispondetemi un poco: qual motivo indusse i Decj padre e figlio a consecrarsi agli Dei infernali? Qual prestigio trasse Curzio a precipitarsi nella voragine? Tutto fu opera della gloria, di questa dolcissima Sirena, che per altro vien condannata sommamente dai nostri savj. Imperocchè esclamano costoro: E qual follia può darsi mai maggiore di quella di un candidato, che accarezza supplichevole il volgo per salire agli onori, e che compera il suo favore a forza di liberalità; o di colui che accetta con viltà, ed umiliazione gli applausi de’ mentecatti? di colui che si compiace delle popolari acclamazioni? di colui che lasciasi portare in trionfo come una statua per essere dal popolo osservato, oppure che stassi effigiato in bronzo nel Foro? Aggiungete a tutte queste pazzie anche quella delle adozioni dei nomi e dei cognomi; aggiungete quegli onori divini che si prestano ad un uomo di nessun merito; aggiungete finalmente quelle pubbliche ceri-