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risguardante il mestiere dell’armi, e che non ha nessuna relazione colla sapienza filosofica. Quindi i parassiti, i lenoni, i ladri, i sicarj, i villani, gli stupidi, i falliti e in generale tutta la feccia del volgo può aspirare all’immortalità della guerra assai meglio di quegli uomini che vivono giorno e notte assorti nella contemplazione. Volete un grand’esempio dell’inutilità di questi filosofi? Prendete l’incomparabil Socrate, dichiarato dall’oracolo d’Apolline il solo, l’unico sapiente. Stoltissima dichiarazione! Non importa. Questo filosofo, avendo intrapresa non so qual cosa a pubblico vantaggio, dovette intralasciarla in mezzo alle risa universali. Pure quest’uomo non era del tutto pazzo, avendo costantemente ricusato il titolo di savio, e rispondendo che un simil titolo era solo conveniente alla Divinità. Era pure di sentimento, che chiunque desiderasse di passare per savio, dovesse astenersi al tutto dal reggimento della repubblica; ma se avesse soggiunto che colui, il quale brama d’esser tenuto in conto d’uomo, deve astenersi da tutto ciò, che chiamasi saviezza, allora avrei concepita di lui qualche stima. Ma finalmente, perchè è stato questo grand’uomo accusato ai magistrati? Perchè fu egli condannato a bere la cicuta? Non è stata forse la sua sapienza la causa di tutti i suoi mali, e finalmente della sua morte? Mentre questo filosofo passa tutta la sua vita a ragionare intorno alle nubi ed alle idee; mentre si occupa a misurare il piede d’una pulce, e si perde ad ammirare il ronzio della zanzara, trascura lo studio e la cognizione degli uomini, e l’arte sommamente necessaria di conformarsi a loro. Eccovi in questo ritratto anche quello di molti de’ nostri. Platone, il quale era stato discepolo di Socrate, vedendo minacciato dell’ultimo supplizio il suo mae-