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della pazzia 23

della vita, non vi dimostrassi ancora che provengono dalla mia liberalità tutti que’ beni che si trovano in essa.

Che cosa sarebbe mai questa vita, se pure di vita meritasse il nome, senza i voluttuosi piaceri? Oh! Oh! Voi applaudite, e ben mi accorgo non esservi qui alcuno così insensato che non sia di questo sentimento: siete tutti troppo stolti (m’imbroglio sempre come una pazza o perdo la tramontana), volea dire, siete tutti troppo savi, perchè possiate dissentire dal mio parere. Credetemi pure che anche gli stoici non disprezzano la voluttà, quantunque accortamente se ne fingano alieni; e se con mille ingiurie la vanno oltraggiando presso il volgo, lo fanno affinchè, restandone gli altri atterriti, possano essi goderne più abbondantemente. Ma qualora quest’ipocriti declamassero in buona fede, mi dicano un poco, per Giove, sì, mi dicano pure se vi è un giorno solo nella vita che non sia triste, disaggradevole, fastidioso, dispiacevole, disgustoso, se non è animato dalla voluttà, cioè dal condimento della Pazzia? lo prendo Sofocle per testimonio irrefragabile; Sofocle non mai abbastanza lodato: oh qual giustizia mi rende mai! Egli dice a onore, e gloria mia: «Quanto è dolce il vivere, ma senza saviezza, la quale è il veleno della vita.» Intraprendiamo a spiegare minutamente questa proposizione.

Ognuno sa che l’infanzia è l’età più allegra e più gradita; ma cos’è che rende cotanto amabili i ragazzi? Perchè affettuosamente li baciamo, gli abbracciamo, gli amiamo? Perfino un nemico s’intenerisce alla vista di questi piccoli innocenti, e li soccorre. Donde mai ciò proviene? E la natura che, saggiamente operando a bello studio, ha impresso ne’ figliuoli una cert’aria di pazzia, con cui ottengono di