Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
16 | elogio |
Anche in questa parte mi è sembrato opportuno l’imitare i retori de’nostri giorni, che reputansi altrettante Divinità, qualora possano far pompa di due lingue come la sanguisuga 1, e maravigliosa cosa estimano l’inserire e frammischiare, anche fuor di proposito, nei loro discorsi delle greche paroline, per cui vengono a formare dei bellissimi mosaici. Se poi questi oratori non posseggono le lingue esotiche, allora cavano d’alcune rancide carte quattro o cinque vocaboli antiquati, coi quali gettano polvere negli occhi al lettore, cosicchè coloro che gl’intendono, vieppiù si compiacciono del proprio sapere, e quelli che non li capiscono, gli ammirano in proporzione della loro ignoranza. Non è egli forse uno de’ maggiori piaceri di noi altri stolti l’ammirare col massimo stupore tutto ciò che ci viene dagli oltramontani paesi? Che se poi vi fossero alcuni, che nulla intendendo di questo vecchio linguaggio, volessero pure far mostra di capirlo, in tal caso debbono mostrare un aspetto contento, devono approvare chinando il capo od anche solo le lunghe orecchie asinine, e dire con un’aria d’importanza: bravo, bravo, dice bene, così appunto.
Ma ripigliamo il filo del nostro ragionamento. Voi dunque sapete al presente il mio nome o uomini, ma qual epiteto v’aggiungerò io mai? Ah senza contrasto quel di stoltissimi! che ve ne pare? Può ella forse la Dea Pazzia dare un epiteto più degno di questa ai suoi adoratori, agl’iniziati ne’suoi misteri? Ma siccome pochi di voi sono istruiti della mia genealogia, perciò voglio adesso studiarmi d’informarvene coll’aiuto delle Muse.
Per dire il vero non nacqui io nè dal Caos 2,