Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
204 | elogio |
vamente di quelli, ai quali Iddio, per un favore affatto particolare, fa gustare anticipatamente le deizie della beatitudine, vi dirò che sono in piccolissimo numero, che sono per altro soggetti a certi sintomi, che rassomigliano moltissimo a quelli della pazzia: imperocchè le loro parole sono mal connesse, e fuor dell’uso umano, o per dirla più schietta non sanno quel che si dicono; il loro volto si cambia ad ogni momento; ora allegri, ora malinconici piangono, ridono, sospirano, in una parola sono affatto fuori di sè stessi. Ripigliano per avventura i loro sentimenti? Protestano di non sapere positivamente d’onde vengano, nè se vi siano stati soltanto in anima od anche in corpo; se desti erano, oppure addormentati; di tutto ciò poi che hanno veduto, udito, detto, o non si ricordano, o ne hanno un’idea così confusa, come se avessero sognato. Non sanno che una cosa sola, ed è: che si trovavano felicissimi nel loro delirio, per cui soffrono con dispetto la convalescenza del loro cervello, e tutto sacrificherebbero di buona voglia per essere perpetuamente pazzi a queste condizioni. Eppure tanta felicità non è che un tenuissimo briciolo della mensa celeste: immaginatevi da questo che sarà l’eterno convito!
Ma parmi che già da gran tempo, senza riflettere a ciò che sono, vada oltrepassando ogni confine. Pertanto, se troppo, e troppo arditamente ho cicalato, sovvengavi che sono donna e son la Pazzia; ma nello stesso tempo non dimenticate quest’antico proverbio de’ Greci: Spesso anche l’uomo pazzo ha parlato giudiziosamente: se già non pretendeste che questo proverbio non comprenda le donne, poichè dice uomo e non donna. Voi vi aspettate un epilogo di quanto vi ho detto fin’ora? Io ve lo leggo