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della pazzia 181

gione, sopprime il restante; e poi anche le parole: al Dio ignoto, che formano il testo del suo discorso, si vede che non le riferisce fedelmente. I moderni teologi mostrano d’aver moltissimo approfittato di quest’esempio, imperocchè usano frequentemente di cavare da qualche passo d’un autore cinque o sei parole, e di alterarne il senso, quando lor torni conto. Quindi se si confronta la copia coll’originale, o se si paragona la citazione col progresso del ragionamento, si scopre che l’autore citato, o non ha inteso di dire quello che si pretende, oppure ha detto tutto il contrario. Questo però è quanto fanno i nostri maestri, e lo fanno con una sì felice impudenza, che i legali stessi, i quali si dilettano di citare a dritto e a rovescio, ne provano grande invidia.

E come mai quest’astuzia non avrebbe a riuscir facilmente ai guerrieri spirituali? Hanno luogo da sperar tutto dopo il prospero successo di quel gran teologo, di cui poc’anzi vi ho parlato. Oh bella! Oh bella! mi è venuto sulla lingua il suo nome; ma temo di nuovo il greco proverbio dell’Asino alla lira. Questo dottore nell’evangelo di S. Luca ha interpretato un passo così bene, che il suo senso s’accorda con quello di Gesù Cristo come il fuoco coll’acqua; siatene giudici voi. In occasione d’un estremo pericolo, occasione in cui i buoni clienti stanno più assiduamente d’intorno ai loro protettori, ed offrono ad essi tutti i loro servigi, il Salvatore volendo rendere i suoi discepoli superiori alla speranza d’ogni umano soccorso, fece loro la seguente dimanda; «Quando vi ho spediti pel mondo, vi è mancata qualche cosa?» Eppure non aveano nè danaro pel viaggio, nè scarpe da guarentirsi dai sassi e dalle spine, nè bisaccia