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lo stesso pensiero, al c. VII: La tristezza, dice, alberga nel cuore del savio, e la gioia in quello dello stolto. Non contento egli d’aver imparato a fondo la sapienza, è stato voglioso di conoscere anche me. Credereste voi forse ch’io lo dicessi per celia? Udite l’oracolo, cap. I. Io mi sono applicato a conoscere la prudenza e la dottrina, gli errori e la pazzia. Vorrei che in questo passo notaste che io son nominata per l’ultima, a fine di farmi quell’onore che merito e ve lo provo. L’Ecclesiaste è quello che lo ha scritto; ora nell’ordine ecclesiastico, e secondo il consueto cerimoniale, il primo in dignità è quello che occupa l’ultimo posto, giusta il precetto di Cristo.

Che la pazzia sia realmente superiore in dignità alla saviezza lo prova ad evidenza l’autore dell’Ecclesiaste, chiunque egli sia, al cap. 44. Prima però di citare questo passo voglio fare un patto con voi, o miei cari uditori, e vi giuro per Ercole di non parlarvi mai più di questa cosa, se non rispondete favorevolmente alle mie domande, per imitare così quelli, che, secondo Platone, andavano con Socrate disputando. Ma non più; do principio alla mia induzione.

Ditemi un poco, è meglio nascondere le cose rare e preziose, oppure le vili e triviali? Come non rispondete? Perchè vi restate immobili a contemplarmi a guisa di tante statue? Ma il vostro silenzio non mi chiuderà certo la bocca. I Greci risponderanno per voi in italiano, e diranno, che la mezzina si lascia senza timore anche sulla porta, mentre, le cose preziose si tengono nascoste. Per timore però che profaniate questa sentenza col rigettarla, credo bene d’avvertirvi ch’essa è d’Aristotile, il Dio dei nostri maestri. Proseguiamo: troverebbesi qui mai