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comparire strano ed ignorante, che saggio ed arrabbiato. Omero, il quale da per tutto loda moltissimo il suo Telemaco, non lascia però di chiamarlo diverse volte stolto fanciullo; e i tragici danno volentieri ai giovani l’epiteto di stolto e d’imprudente, come un epiteto di buon augurio. Qual è l’argomento della divina Iliade? Non sono forse i furori e le pazzie dei re e de’ popoli? Cicerone non l’ha mai pensata così bene per me, come quando ha detto: Ogni cosa è piena di pazzia. Ora voi certamente converrete che quanto più un bene è esteso tanto più è eccellente.

Ma i citati autori faranno forse poc’autorità presso i cristiani. Ebbene, appoggerò, se voi il giudicate conveniente, o per esprimermi teologicamente fonderò il mio elogio sulla testimonianza stessa della Sacra Scrittura. Permettetemelo, o signori nostri maestri, io ve lo chiedo umilmente. L’impresa è assai difficile, ed esigerebbe per lo meno una buona invocazione alle muse; ma d’altra parte sarebbe una indiscrezione il far discender per la seconda volta dal monte Elicona queste nove verginelle, giacchè vedete bene che il cammino è molto lungo. D’altra parte la materia che devo trattare non appartiene per nulla ad Apollo. Sarebbe dunque, meglio che, prendendo io a far la teologhessa, e a correre sulle spine teologali, lo spirito di Scoto si degnasse di passare dalla sua Sorbona nell’animo mio. Ah voglia il cielo che questo beato spirito più pungente dell’istrice, e più acuto del porco-spino, infiammi la mia mente! Quando poi avrò finito, se ne voli pure ove più gli aggrada, foss’anche tra i corvi. Piacesse parimente al cielo che mi fosse permesso di cambiare d’aspetto, e di vestire un abito teologale! Temo però una cosa, ed è, che quando mi sentirete