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della pazzia | 161 |
trebbe allora far conto di morir di fame. Sarebbe un delitto il più barbaro, il più abbominevole, il più detestabile di tutti il voler ridurre alla bisaccia ed al bastone i supremi monarchi della Chiesa, i veri luminari del mondo. Toccava, dicono essi, a Pietro ed a Paolo a viver d’elemosina, ed a questi abbandonano pure tutto il peso del pontificato, giacchè hanno tutta la comodità di sostenerlo, riserbandosi per essi soltanto ciò che v’ha di splendido e di piacevole. Ma dimando io se in questo non la pensino assai bene?
È dunque avvenuto per opera mia, che niuno più che i papi viva nell’ozio e nella mollezza; e purchè le loro episcopali funzioni consistano in ornamenti misteriosi e quasi teatrali, in cerimonie, in titoli fastosi di beatissimo, di reverendissimo, di santissimo, in benedizioni e maledizioni, credono d’avere abbondantemente soddisfatto a Gesù Cristo, e non saprebbero sospettare che cosa loro potesse rinfacciare un giorno. Al presente non fa più bisogno di far miracoli; istruire il popolo, costa molta fatica; spiegare la Scrittura, sente dello scolastico; pregare, bisognerebbe aver tempo; piangere, convien solo alle donnicciuole; esser povero, oh la brutta cosa! lasciarsi vincere, è troppo vergognoso ed indegno d’un uomo, che appena ammette al bacio del beatissimo piede i re più potenti; morire finalmente, ah questa è la cosa più amara di tutte! esser crocifisso, ohibò, questa è un’orribile infamia! Or dunque tutte le armi de’ papi consistono in quelle dolci benedizioni, di cui parla S. Paolo e delle quali non ne sono avari; consistono esse in interdetti, in sospensioni, gravami, in anatemi, in vendicatrici pitture, e in quel fulmine terribilissimo, col quale un beatissimo padre può cacciare a sua grado qualunque anima anche al di là dell’inferno. I nostri