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hanno perfino dimenticato che il loro nome preso alla lettera significa lavoro, cura, sollecitudine per la salute delle anime; ma non si dimenticano per bacco quando si tratta di prerogative e di danaro!

Vantansi i venerabili cardinali di discendere per linea diretta dagli Apostoli ma vorrei che filosofassero un poco sul loro abito, e facessero quest’apostrofe a sè stessi: «Se discendo dagli Apostoli, perchè non fo io dunque quanto eglino hanno fatto! Io non sono il padrone, ma semplice dispensatore delle grazie spirituali; e ben presto dovrò render conto della mia amministrazione. Che cosa significa questa nivea candidezza del mio rocchetto, se non una somma purità di costumi? Che vuol dire questa sottana di porpora se non un ardente amore verso Dio? Che dinota questa cappa dello stesso colore (cappa sì ampia e spaziosa, che non solo basta a coprire tutta la mula dell’eminentissimo, ma che potrebbe coprire insieme col cardinale anche un camelo), se non una carità illimitata, e sempre pronta a soccorrere il prossimo, vale a dire a istruire, a correggere, ad esortare, a calmare il furor delle guerre, a resistere ai principi malvagi, a dare volentieri tanto il suo sangue, quanto le sue ricchezze pel bene della Chiesa? A che servono tanti tesori? Coloro che pretendono di rappresentare l’antico collegio degli Apostoli non dovrebbero prima di tutto imitare la loro povertà?» Io dico, che se i cardinali facessero a sè stessi una simile apostrofe, e riflettessero seriamente a questi punti, o restituirebbero ben presto il loro cappello, o menerebbero una vita laboriosa, austera, piena di disgusti e di sollecitudini, come appunto facevano i primitivi Apostoli della Chiesa.

Prosterniamoci ora ai piedi del sommo pontefice,