tendo in opera degli espedienti pecuniari per divorare le sostanze de’ popoli, e per impinguarsi col sangue de’ loro schiavi. Non può negarsi che usino dei riguardi sul punto delle imposizioni: si allegano sempre dei titoli di bisogno, dei pretesti d’urgenza, e benchè in fondo tali esazioni non siano talvolta che un mero ladroneccio, pure si studiano di coprirlo col velo del pubblico interesse, della giustizia e dell’equità; danno ai popoli delle buone parole, chiamandoli i suoi Buoni, i suoi Fedeli, i suoi Affezionatissimi sudditi; e mentre si spogliano con una mano, s’accarezzano coll’altra, per prevenire i loro lamenti, ed accostumarli a poco a poco a sopportare il giogo della tirannia. Ora poi, voglio farvi una supposizione: figuratevi sul trono (cosa che pur troppo spesso suol accadere) figuratevi, dico, sul trono un uomo ignaro delle leggi, quasi nemico del pubblico bene, che non tende se non al suo proprio interesse, schiavo dei suoi piaceri, sprezzatore delle scienze, che sdegna la verità, che non può ascoltare un linguaggio sincero, il cui ultimo pensiero sia la felicità de’ suoi schiavi, che non segua se non le sue passioni, che misuri ogni cosa dalla propria utilità. Mettete a quest’uomo la collana d’oro, ornamento che significa il complesso e l’unione di tutte le virtù; ponetegli sul capo la corona arricchita di pietre preziose, il che lo avverte d’essere in obbligo di sorpassare tutti gli altri in ogni sorta di eroiche virtù; dategli in mano lo scettro, quello scettro ch’è il simbolo della giustizia, e di un’anima completamente incorruttibile; vestitelo finalmente della porpora, che dinota un vivo amore pei popoli, ed un ardentissimo zelo per la loro felicità. Io son di parere che se questo monarca confrontasse i suoi reali ornamenti colla viziosa sua