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148 | elogio |
parlano così sotto voce nell’esordio, che ci scommetterei, che non intendono neppur essi quel che si dicono; quasichè convenisse parlare per non farsi capir da nessuno. Hanno pure inteso dire, che per muovere gli affetti, l’oratore deve di tempo in tempo impiegare la veemenza dell’esclamazione; quindi fedeli, ma cattivi osservatori di questo precetto, allorquando ognuno crede che siano più che mai tranquilli, tutto ad un tratto e senza veruna ragione, si mettono a gridare come tanti maniaci. Vi dico davvero, che mostrandosi in questo caso più matti che predicatori, si potrebbe con tutt’onoro prescriver loro una buona dose d’elleboro: imperocchè si può veramente chiamar pazzo colui, che grida solo per gridare. Avendo inoltre sentito che l’oratore deve animarsi nel progresso del discorso, recitane posatamente i primi periodi di ciascuna parte; a subito dopo, e sempre per cose da nulla alzano la voce con una forza tale, che quando finiscono, sembra che vogliano cadere in deliquio.
Sapendo finalmente i nostri predicatori che le re-