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maggiori, di minori, di conseguenze, di corollarj, di supposizioni; e spacciano da buoni ciurmadori queste insipide ed insolenti bagattelle della loro scuola ad una moltitudine d'ignoranti.

Eccoci giunti finalmente all’atto quinto della commedia, ove per conseguenza è mestiere dimostrarsi più che mai valente nell’arte. Cavano allora dal magazzino della loro memoria qualche strana e portentosa favoletta, tratta forse dello Specchio storico, o dalle Gesta de’ Romani, la quale poi essi vanno impasticciando ed interpretando nel senso allegorico, tropologico, anagogico, e così pongono fine al loro discorso, il quale, per la mirabile disparità delle sue parti, potrebbesi con tutta convenienza chiamare con Orazio un vero mostro.

Ripassiamo ora alla rinfusa il totale del loro sermoneggiare. I nostri reverendi hanno appreso, non saprei da chi poi lo abbiano appreso, che l’introduzione del discorso deve recitarsi con placidezza e con voce sommessa. Ad osservanza di questa regola