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voce, come canterellano, come smaniansi, come si investono della materia, come fanno rimbombare tutta la Chiesa coi loro strepiti e coi loro schiamazzi. Egli è nel silenzio del chiostro che apprendono questa veemente maniera di evangelizzare, la quale si comunica da un fratoccolo all’altro come un segreto di somma importanza. Non essendo io che una divina femminetta non mi è lecito d’essere iniziata a sì profondi misteri; ma però non voglio ntralasciare di dirvi quanto ho potuto notare sul punto della loro predicazione.

Cominciano sempre i loro pasticci con una invocazione presa in prestito dai poeti; quindi fanno un esordio, che non ha nessuna attinenza col soggetto che devono trattare. Devono, per esempio, predicare la carità? cominciano col fiume Nilo. Devono predicare il mistero della croce? cominciano con Belo, favoloso drago di Babilonia. Devono predicare il digiuno quaresimale? cominciano dalle dodici costellazioni dello zodiaco. Devono predicare la fede? cominciano dalla quadratura del circolo: e così del resto. Io stessa che vi parlo ho inteso una volta uno di questi predicatori, uomo di una follìa consumata (perdonatemi, sbaglio sempre) volea dire di una dottrina consumata. Quest’uomo dovea spiegare l’impenetrabile mistero della Trinità; ma per far pompa della sublimità del suo ingegno, e per contentare le teologiche orecchie, sdegnò di battere l’usato sentiero. E quale fu dunque la strada che prese? Vi volea proprio un nome grande al par di lui per farne la scelta. Cominciò il suo discorso coll’alfabeto, e dopo avere con una prodigiosa memoria recitato esattamente l’A, B, C, passò dalle lettere alle sillabe, dalle sillabe alle parole, dalle parole alla concordanza del nome col verbo, e col