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della pazzia 119


Possiamo unire a costoro con tutt’onore i dialettici ed i sofisti, i quali fanno più strepito di tutto il bronzo Dodoneo1, e ciascuno di loro potrebbe superare in cicaleccio venti e più donne, anche di quelle che sogliono distinguersi per ciarliere. Ciò non ostante sarebbe ancora da desiderarsi che non avessero altro difetto che il soverchio cicalare; ma per nostra disgrazia sono sempre pronti a disputare e a riscaldarsi anche per quistioni di lana caprina: e a forza di quistionare per sostenere il vero (come pretendono essi) perdono di vista il più delle volte la verità. Questi quistionatori eterni sono però sempre contenti di sè medesimi, e armati di tre o quattro sillogismi sono sempre disposti a sfidare alla tenzone chicchessia, e sopra qualunque argomento: l’ostinazione serve loro d’invincibile spada, e non cedono mai, quand’anche avessero a combattere contro uno Stentore2.

A questi tengono dietro immediatamente i venerabili filosofi, rispettabili per la loro barba e pel loro mantello. Si millantano costoro di essere i soli sapienti, e credono che tutti gli altri uomini non siano che mobili ombre. Squarciamo questo velo di orgoglio e di presunzione, ed osserviamo che cosa sono i filosofi. Sono anche essi ridicoli pazzi: e chi può mai trattener le risa all’udirli sostenere seriamente l’infinità de’ mondi? Il sole, la luna, le stelle, tutti questi globi sono da loro così ben conosciuti,

  1. Nel tempio di Dodona, dedicato a Giove, erano disposti vasi di bronzo in tal guisa che battendo sul primo si propagava il suono fino all’ultimo, la qual cosa produceva fracasso.
  2. Omero dice che Stentore avea una voce così forte, che agguagliava quella di cinquanta persone insieme.