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Se nel parlarvi dell’Agnesi, o dilette Progressiste di Europa, ho dovuto fare una digressione, rivolgendo il mio discorso alle cortesi Lombarde, non certo saravvi riuscito discaro, avvegnachè è del tutto conforme alle vostre nobili tendenze.

Ora con lutto tornovi a parlare dell’Agnesi, dappoichè questa donna portentosa, non avea neppur tocco il confine di sua gioventù, allorchè dettesi in preda di una profonda e secreta melanconia, per cui abbandonò quei studi che resero sì notabile la sua infanzia e celeberrima la sua gioventù. Quanto perdette la scienza da questo suo volontario abbandono, non può disconoscerlo chi si è addentrato nelle opere sublimi sortite dal suo ingegno! Ma intanto l’Agnesi toccava appena il settimo lustro, allorquando pose in non cale, e libri e penna e carta; e a guisa delle rispettabili figlie del gran Padre de’ Miseri, consacrò tutto il resto di sua vita alla cura degli ammalati e de’ poveri! Cosicchè tutto grande; tutto straordinario; tutto sublime dovea essere in questa donna, che la calunnia, sì fatale ai sommi talenti non potè colpirla in verun modo!!!

Post’anco nel santuario del vero che l’Agnesi avesse nudrito nell’animo suo una passione, che le si poteva essere suscitata negli esercizi suoi magistrali, e che la delicatezza del suo mandato non le avesse permesso di manifestare, chi potrebbele attribuire ciò a colpa? Non sarebbe questa una prova di dupla virtù? sentire un affetto potente e aver forza di te-