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cap. i - il metodo nella scienza politica |
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che narrano gli avvenimenti umani, dall’esame di questi hanno spessissimo cercato di dedurre le leggi che li regolano e li determinano. Cosi fecero nell’antichità Polibio e Tacito, nel secolo decimosesto Guicciardini, nel secolo presente Macaulay e Taine. Filosofi, teologi, giuristi, quanti hanno avuto per fine diretto od indiretto dei loro lavori il miglioramento della umana società, ed hanno perciò esaminato le leggi che ne regolano l’organizzazione, possono essere considerati, almeno da un lato, come studiosi di scienze politiche. Sicché forse una buona metà dello scibile umano, una somma immensa di sforzi intellettuali, che l’uomo ha impiegato alla ricerca del suo passato, a scrutare il suo avvenire, a studiare la propria natura morale e sociale, si può considerare come ad esse consacrata. Fra le scienze politiche o sociali una branca ha finora raggiunto una maturità scientifica tale che, per la sicurezza e l’abbondanza dei risultati acquisiti, si lascia notevolmente indietro tutte le altre. Intendiamo alludere all’Economia politica. Infatti verso la fine del secolo decimottavo alcuni ingegni potenti hanno isolato i fenomeni riguardanti la produzione e la distribuzione della ricchezza dagli altri fenomeni sociali, ed, isolatamente guardandoli, sono riusciti a determinare molte delle leggi o tendenze psicologiche costanti alle quali ubbidiscono. L’isolamento dei fenomeni economici dagli altri rami delle scienze sociali, e specialmente l’uso invalso di considerarli come indipendenti dagli altri fenomeni, che riguardano l’organizzazione dei poteri politici, se da una parte spiega i rapidi progressi dell’Economia politica, dall’altra è forse la causa principale per la quale alcuni postulati di questa scienza sono ancora soggetti a discussione. Sicché forse, coordinando le proprie osservazioni con altre che riguardano altri lati della psicologia umana, l’Economia politica potrà fare nuovi e decisivi passi in avanti1
- ↑ Negli ultimi venti o trent’anni è nata la tendenza di spiegare con lo studio dei fenomeni economici tutti i fatti politici che avvengono nella storia dell’umanità. In Italia questo ardito concetto è stato svolto dal Loria nel libro La Teoria economica della Costituzione politica (Torino, 1886). A noi pare questo un modo di vedere troppo unilaterale ed esclusivo. Vi sono fenomeni sociali e politici, ad esempio il sorgere ed il diffondersi delle grandi religioni, il rinascere di alcune antiche nazionalità, il costituirsi di alcune grandi monarchie militari, che non si possono esclisivamente spiegare col variare della distribuzione della ricchezza e con la lotta fra il capitale ed i proletari o fra il capitale mobile e l’immobile, come vorrebbe il Loria.