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che collima al bene universale della società: ma di ciò sarà parlato accuratamente quando tratteremo delle finanze.

36. Le colture inclusive poi seguono altri principj e direzioni, soffrendosi l’una e l’altra, e qualche volta aiutandosi reciprocamente, sia per le leggi fisiche della vegetazione, sia per le combinazioni morali; perchè, impiegandosi un maggior numero di mani ad una minor quantità di terreno e crescendo il prodotto contemporaneo, aumentasi l’attività del lavoro e la ricchezza conservatrice dell’agricoltura. Queste dunque possono animarsi contemporaneamente, perchè più difficilmente l’una si eleverà al disopra dell’altra, giacchè essendo contemporanee le colture ed i prodotti, gli sbilanci de’ prezzi ridoneranno l’equilibrio.

37. Da queste teorie caveremo per corollario, che fra due arti o manifatture, le quali possono tener luogo l’una dell’altra nei bisogni e nelle facilità dello smercio, sarà meglio preferire ed animare quella di cui la materia prima può combinarsi coll’altre colture, in confronto di quella che le esclude. Per esempio, se noi potessimo ridur la seta a tale facilità d’esito, e a tale varietà e comodità di usi appresso a poco come la lana (e chi sa che l’industria ed il tempo, sovrano maestro delle cose, non v’arrivi), non v’ha dubbio che noi dovremmo animar più la coltura dei gelsi, che si combina colle altre colture, che la coltura delle pecore o per dir meglio de’ pascoli, perchè il campo su cui vivono è un terreno quasi perduto per altri generi di coltura.

38. Finalmente non sarà inutile l’accennar di passaggio, che le suddette massime d’agricoltura direttrice possono benissimo essere applicate all’economia privata delle famiglie. Interessar gli uomini alla fatica, è una massima che c’insegnerebbe a rendere migliore la condizione dell’agricoltore, a lasciar che egli possa disporre più liberamente dei frutti della sua industria, a non usurpare con una distribuzione arbitraria quel prodotto di cui conviene la divisione. In questa maniera non ascoltando inavvedutamente nè il presente guadagno, nè i troppo vantaggiosi ma brevi progetti, per cui l’accorto coltivatore, esaurendo in poco tempo le forze tutte di una terra ch’egli considera come non sua,