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290 | elementi di economia pubblica. |
sarà composta di due sorta di materia prima, di quella cresciuta nel territorio nazionale, e della materia prima venutaci da’ forastieri. Supponiamo che, in grazia dello spaccio esterno e della non libertà o non valore di alcuni prodotti avviliti dai vincoli, la coltura della materia prima che è la base della supposta manifattura sia al di là di queste proporzioni fissate, dico che ciò sarà a spese ed in aggravio di tutto il resto de’ prodotti; che vi sarà un minor prodotto netto nelle mani de’ proprietarj; e questo prodotto netto non avrà il maggiore spaccio possibile, e perciò la totalità delle arti medesime sarà minore e meno vigorosa, quantunque vasto ed esteso potesse essere l’ingrandimento di quella particolare manifattura. Ma se l’accrescimento dell’arte sarà per aumento della materia prima venutaci dal di fuori, allora quest’arte sarà insieme dipendente dalle arti subalterne e dai prodotti delle forastiere nazioni.
Figuriamoci un’altra volta la nostra piramide; ella si può dire di tanti piani decrescenti composta, quante sono le classi diverse de’ lavori. Se un piano cresce a misura che è più vicino alla base, cioè all’agricoltura, quantunque quella porzione di base che corrisponde allo sporgimento di questo piano non appartenga alla nazione, pure questo sporgimento stesso sarà un principio di una nuova piramide, della quale la porzione superiore apparterrà alla nazione manufattrice, e l’inferiore alla produttrice. La piramide interiore rappresenterà i risultati de’ prodotti interiori, e la piramide esteriore quelli degli esteriori prodotti. Quindi saranno tanto più utili alla nazione, quanto questi piani saranno più vicini alla base, perchè una maggior porzione ne apparterrà alla nazione, la quale abbonderà di maggiori salarj, di maggiori comodità e di una concorrenza di consumatori maggiore e più vicina alla produzione.
Da ciò ne caveremo un’utile riflessione, cioè che fino ad un certo segno una nazione può prosperare a spese d’un’altra; ma al di là d’un certo segno la vera prosperità nostra produce la prosperità altrui, non essendo data agli uomini un’esclusiva felicità o miseria: chiaro indizio d’una secreta comunione di cose, e d’una non intesa fratellanza