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274 | elementi di economia pubblica. |
della generale concorrenza, le fatiche non trovano il loro compenso per le spese, non ricavando il loro congruo interesse, e l’agricoltore trascura un travaglio per lui soverchio ed inutile, e sovente ancora dannoso. Se dunque da’ regolamenti soverchiamente paurosi è fissata la derrata nel luogo della sua produzione, l’abbondanza di quella nuoce a sè medesima, e divenuta di poco valore non compensa le fatiche del suo coltivatore. L’uso degli Olandesi d’abbruciare una gran parte degli aromi che esclusivamente raccolgono dall’isola di Ceylan, per non avvilire il valore di quelli, sott’altre apparenze viene imitato in molti luoghi che la natura aveva destinati ad alimentare le più lontane nazioni. Dunque la riproduzione della derrata, la di cui circolazione sia impedita, va cessando a poco a poco, e la superstizione dell’abbondanza produce la desolante sterilità. Se in altro luogo la derrata è troppo scarsa, quella incaglia i compratori, e le arti da quella dipendenti restano sospese ed immobili. È dunque necessario che nei diversi punti dello Stato le abbondanze si compensino colle scarsezze, e mettansi le une colle altre al dovuto livello. Ne’ paesi dove dello Stato, che tutto deve essere aperto alla più libera interiore comunicazione, si pretende fare un’unione di parti isolate ed indipendenti, tutto languirebbe, se l’infrazione sempre infallibile delle cattive leggi non rimediasse in parte al disordine.
12. Settimo ostacolo alla perfezione dell’agricoltura è l’ultima depressione in cui questo Stato è decaduto. L’onore che si deve alle diverse professioni è in verità dovuto, non solo in proporzione della più grande utilità delle medesime, ma ancora in proporzione dell’utilità combinata colle più o men grandi difficoltà. Saranno dunque preferite quelle professioni, le quali contengono in sè una prova di coraggio o la rara dimostrazione di sagacità e di talenti, all’agricoltura, la quale, quantunque laboriosa, non contiene alcun rischio e non esige studio e combinazione. Ciò nonostante, io non vedo perchè l’agricoltore, che un tardo compenso d’un assiduo travaglio relega nell’oscurità innocente della campagna, meriti di esser condannato in una perpetua dimenti-