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ATTO III. SCENA IV. 95

Gli chiederesti tu, pria d’affrontarlo,
S’egli t’è padre? o tosto alla difesa
Metteresti il pensier? Certo m’avviso,
Che, se la vita ài cara, a porla in salvo
Pria ti daresti, e ratto in chi ti assalta
Volgeresti l’acciar, nulla guardando
Se l’ucciderlo sia giusto o non giusto.
Ecco l’abisso in ch’io caddi; e la mano
Mi vi spinse de’ Numi: onde la stessa
Ombra paterna rediviva, io credo,
Non potrebbe imputarmi. E tu che ingiusto
Ciò che può dirsi, o che tacer si debbe,
Egualmente riveli, e ten compiaci,
Tu me ne gravi alla costor presenza,
E lusinghi Teseo lusinghi Atene
Come cittade dove ben si vive,
E di sue laudi la più bella taci;
Vo’ dir quant’ella ogn’altra terra avanza
Nel venerare i Numi. E tu da questa
Città strappar me supplice pretendi,