Le cose nostre, e quelle anco de’ Numi
Svellendo dagli altar con viölenza
I supplici infelici! — Io no, ponendo
Nella tua terra il piè, nulla, ove pure
Dritto ne avessi, ne trarrei, se il rege
Nol consentisse. Ch’io so ben quai modi
Tener si denno ov’altri è cittadino.
Ma tu la tua città, che non lo merta,
Disonori e te stesso, e manifesti
Che gli anni molti ti privar del senno.
Orsù tel dissi, e tel ridico: alcuno
De’ tuoi rimeni tosto le fanciulle,
Se contra voglia tua restar non vuoi
Abitator di questi luoghi. E quanto
Ti dico è frutto di consiglio sano.
coro.
Vedi, o stranier, di quai colpe sei reo?
Quì, che, pel sangue, ti diceano onesto,
Or malvagio ti chiamano.