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di Firenze, che non ha mai guadagnato sulle sue monete se non, per qualche occasione, picciola cosa, fondata piú negli accidenti che nell’ordinario corso delle monete; come quando, del 1660, furono ribattute le doppie venute di Francia per dono della serenissima granduchessa, perché, ridotte a doppie di Pisa, vi si trovò non mi sovviene se uno o pur mezzo per 100 di utile netto dalle spese; il che non averebbero potuto guadagnare, se avesse dovuto far venire a questo fine quell’oro di Francia, pagandolo con altra moneta, perché quel poco utile d’uno o mezzo per 100 sarebbe andato nella condotta, provvisione ed altro. Anche la zecca di Bologna è mantenuta, di provvisione del zecchiero, casa, stromenti, provvisione del coniatore ed altre spese, di pubblica cassa del senato, che altro non ci vuole di guadagno che l’onore, che alle zecche ben regolate rende il mondo tutto. Onde, se le zecche di Roma, Firenze e Bologna non avessero permesso altri disordini, come di lasciar correre monete forestiere a maggior prezzo di quello meritavano o d’accettar monete scarse o tosate per buone, sarebbero durate di vantaggfio molt’anni e secoli, senz’alzamento di monete e senza confusioni, che ora pur troppo vi si provano quasi senza rimedio. La zecca di Venezia ha fatto molte volte guadagni considerabili sul zecchino in Levante, non perché ella ne’ suoi Stati lo valutasse piú del dovere, ma perché piú del dovere lo stimavano le altre nazioni meno politiche; e, quando una zecca ha tali cognizioni, non fa male a valersene, ma ci vorrebbono molte cautele, che sono poco avvertite. Di che si dirá qui avanti.

CAPITOLO XIX

Regola seconda. Batter metallo della maggior finezza possibile.

Che sia ingenito e naturale a tutti gli uomini l’amare in tutte le cose la perfezione, e di ciascuna spezie le meno imperfette nel suo essere maggiormente stimare, c’insegnò piú di una volta Platone nelle divine sue opere; ma con piú evidenza ce ne avvertisce quella che a Platone stesso fu maestra: