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soldi lo scudo a quanto gii è dato, non fanno caso se 30 lire, che essi hanno, per esempio, al mese, non fanno che due scudi e mezzo, che a casa sua farebbero tre. Qui ancora fa bisogno avvertir bene, perché il principe diminuisce nello stesso tempo l’entrate che si tiravano da quel paese; e se la soldatesca non ci trova il suo conto, o vede di non poter sussistere, si corrono altri pericoli, come li corse la Polonia ne’ mentovati accidenti del 1658 e seguenti.

S’alzano similmente le monete senza colpa molte volte di chi governa, ma per sola colpa degli Stati vicini. E cosa non affatto impossibile, ma molto difficile l’impedire che questo morbo non si comunichi, come peste, da uno Stato in un altro, particolarmente quando ia corruzione delle migliori regole è sparsa in uno Stato grande e mercantile. Qualche politico riguardo alle volte tiene il freno all’autoritá d’un principe, onde non s’arrischia di proibire ne’ suoi Slati una moneta d’altro principe prepotente. Ciò particolarmente succeder può in quelle monete che in molte zecche si battono col medesimo nome, peso e bontá in circa, come sono le doppie e gli scudi. Certa cosa è che non tutti gli scudi d’argento di Milano, Mo<iona, Parma, Mantova, Roma ed altre zecclie d’ Italia non sono d’una stessa bontá, benché la differenza sia poca. Può darsi caso che un principe grande batta a peso e bontá minore del consueto, e gli altri, che da quello o rilevano i feudi o dipendono per divozione, non ardiscono proibirle; onde fa loro di mestieri tollerare ne’ loro Stati l’alzamento delle monete, che dall’introduzione di quelle inferiori al consueto necessariamente suol nascere. Giá si disse di sopra che del 1540 Carlo quinto batté gli scudi d’oro di Castiglia ed altri a minor bontá e peso del consueto. Molti furono i principi che lo imitarono, battendoli anzi peggiori di quelli di Carlo; con che s’imborsarono per sé il guadagno che, senza questo ripiego, averebbono fatto i ministri imperiali. Ma gli uni e gli altri videro alzar di prezzo le altre monete, a perpetuo danno dell’entrate loro.

Quegli Stati, che hanno continuo e quasi necessario commercio fra loro, bisognerebbe che stassero sempre uniti e