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lo stagno, quando che non ne abbia del suo da far lavorare, e poi paghi la mercede della fattura al maestro che lo lavorerá: qual mercede non sará cavata dall’ istcsso stagno cosi lavorato, ma sará pagata da chi l’averá fatto lavorare. Il simile avverrá a chi porrá oro o argento in zeca per farlo coniare; percioché pagherá le fatture del suo proprio, o con oro o argento avanzato al zechiero nel compartire e fare le monete, overo che pagherá di quegli istessi danari levati di zeca o d’altri, overo d’altre robbe, secondo che tra loro sará convenuto. E perciò ogni persona cercherá di far lavorare monete piú di fino per spendere meno in fatture, quali saranno anco piú leggiere e commode per portarle nei viaggi. Oltre che, non occorrerá cambiarle quasi in capo di ogni dieci o quindicimilia, si come a’ tempi nostri si usa di cosi fare, con non poco danno di coloro che, per causa delle diverse nominazioni o titoli di monete, sono sforzati cambiare i suoi danari in altre sorti di monete; occorrendo anco in ciò alle volte che le monete ch’essi cambiano sono migliori di quelle che nel cambio ricevono, come di ciò è cosa manifesta a tutti quelli che i loro viaggi fanno in diverse cittadi e paesi.

CAPITOLO XVI Quattro eccessivi disordini, a’ quali verrá proveduto.

Crederò bene che, quando saranno state tassate o corrette le monete giá fatte, molte di quelle in progresso di tempo saranno poi guaste e fose, parte per rifarne altre, come si dice nel capitolo xlii, e parte nell’arte degli orefici, come si narra nel capitolo xl; e ciò per cagione delli rotti vantaggiosi, che in esse saranno per le loro varie finezze, pesi e valori. Essendoché il rotto di ciascuna moneta, qual non arriverá al valore di un quattrino, non dovrá esser posto in tassa per le cause allegate nel capitolo xli; e tal fatto sará perché alcuni hanno lavorato nei tempi passati, ed alcuni anco di presente lavorano nelle zeche l’argento a finezza o lega di once ne denari i8