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gli ordini usati) si trova molto agio nel rifarle in altre sorta di monete in altri paesi, con utile solo di alcuni particolari ed in danno di molti. Egli è ben cosa necessaria che solamente si facciano i danari d’oro e d’argento non coniato, e che li giá fatti si spendano sotto l’ordine della tassa; e, cosi facendo, si ha da tenere per fermo che cresceranno le quantitá de’ danari al mondo. E qual di voi sará che voglia credere, senza pensarvi sopra, che, per rifare in ogni poco di tempo le monete giá fatte in altre sorta di monete, abbiano a crescere le quantitá de’ danari al mondo? Potranno bensí essere accresciuti di numero, ma o peggiori di leghe o piú leggieri di bontá, restando poi ad essi molte volte fermi i valori di quelli di prima, come per l’esempio dall’autore descritto nel capitolo xlii, cioè, guastando una moneta che prima vaglia soldi dieci, e rifacendola con men fino in essa, per causa delle fatture e dell’alterazione del prezzo dell’argento, parimenti si spenda per altri dieci soldi.

Credo veramente di avervi levata, con queste ragioni, l’opinione che avevate, cioè quella che da voi nella prima conclusione mi è stata scoperta. Mi potreste ancora dire che un qualche potente principe o repubblica forse starebbe su questo punto, allegando: — Noi siamo sempre stati molto stimati, ed abbiamo ancora sempre avuto molto a caro che nella nostra zecca si facciano innumerabili quantitá di monete d’oro e d’argento, affinché siano spese per tutto il mondo, non solo per pubblico comodo e beneficio, ma ancora acciocché siano conosciute da tutti le nostre degne ed illustri imprese: ma, perché dubitiamo che, se si facessero li danari a spese di coloro che li facessero fare, calerebbono le copiosissime faccende nelle loro zecche, per lo che perderessimo poi questa nostra cosi magnifica ed alta riputazione, però non vogliamo in alcun modo a ciò consentire. — Sopra questa proposta io dico che dovete considerare che quel principe o repubblica, che non possiede miniere di oro o di argento, non ha giusta causa di addurre queste cosi fatte ragioni. Perciocché essi preziosi metalli sono come le altre cose, che nascono e si raccolgono piú in una provincia che in un’altra, e vengono dalla natura prodotte piú in un luogo che in un altro; e perciò fa di bisogno che ogni principe ed ogni repubblica si contenti di quelle cose che naturalmente sono prodotte e nascono nello Stato o regno suo, e non occorre che i danari siano fatti se non in que’ luoghi ove nasce e si cava l’oro e l’argento, ovvero ne’ luoghi alle miniere piú accosti. Io