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Eccher, La fisica sperimentale dopo Galileo | 397 |
superficiale del vetro. Le così dette Bocce di Bologna, che si rompono lasciandovi cadere un pezzettino di pietra focaja, sono assai posteriori, e furono illustrate dal Balbi, professore di fisica a Bologna nel 1740.
Una delle curiosità scientifiche del seicento, ed intorno alla quale tutti più o mono si affaticarono, si fu la fosforescenza. Ancora Aristotile e Plinio conoscevano la luce fosforescente emessa da certi insetti, da materie in putrefazione, dal mare. Plinio parla di pietre luminose “carbunculus, selenites„ delle quali non conosciamo la natura; ed Alberto il Grande sapeva come il diamante, moderatamente riscaldato, emetta luce all’oscuro. Era pure noto che lo zucchero, il quarzo e qualche altra materia, sfregati fra loro, o pestati, danno una leggera fosforescenza.
Nel 1604 Vincenzo Cascariolo, calzolaio bolognese, occupandosi a tempo perso di alchimia, calcina, fra i carboni, della pietra tolta alle falde di monte Paterno, e s’accorge che, esposta preventivamente ai raggi del sole, e ritirata in luogo oscuro, si mostra luminosa. È il così detto fosforo di Bologna, un solfuro di Bario ottenuto dalla riduzione a mezzo del carbone dello spato pesante.
Non è a dirsi quanto rapidamente si propagasse la scoperta, che offerse tema di studio allo stesso
Vita Italiana nel Settecento. | 26 |