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380 la vita italiana nel settecento

tutti gli accademici lavoravano di comune accordo, costituendo quasi un’unica personalità, quella dell’Accademia, sicuri così che ben difficilmente sarebbe sfuggita all’attenzione di molti qualche circostanza importante e capace di modificare i risultati dell’esperienza. Così è che nell’aureo libro “Saggi di naturali esperienze fatte nell’Accademia del Cimento„ (Firenze 1667), e compilato dal Magalotti, si descrivono magistralmente le singole esperienze, senza mai accennare chi ne abbia avuta la prima idea, come se fossero state da tutti, in comune, pensate. E degno di osservazione si è pure che nello stesso libro dei “Saggi„ è detto: non entrare nelle abitudini dell’Accademia il discutere sulle cause dei fenomeni. Fosse il dubbio di incorrere nella disapprovazione eventuale di Roma, o la coscienza che delle teoriche ne erano state escogitate anche troppe, o ciò che mancava era una raccolta di fatti inconcussi, certo è che gli accademici s’attennero fedelmente al loro motto “Provando e Riprovando„. A più di due secoli di distanza è sempre con un senso di ammirazione che si leggono quelle pagine dei “Saggi„, cardini della nuova scienza, e vi si impara ancor oggi a condurre con acume e diligenza somma le esperienze.

Non riuscirà discaro che per sommi capi ram-