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perchè scrivo così buoni libri | 79 |
concetto della educazione di sè stessi, dell’autodifesa spinta fino alla durezza, una via verso la Grandezza, verso il compimento di grandi Doveri, cercavano qui la loro prima espressione. Considerato tutto, io non feci altro che prendere per il ciuffo due tipi celebri e non ancora fissi, come si prende per il ciuffo un’occasione, per dire qualche cosa, per aver in mano un paio di formule, di segni, di mezzi d’espressione di più. A ciò si accenna con un’avvedutezza a dirittura inquietante a pagina 93 della terza «Inopportuna». Nello stesso modo Platone s’è servito di Socrate come d’una semeiotica per Platone.
Ora ch’io riguardo ad una certa distanza le circostanze di cui questi scritti sono gl’indici, non saprei negare ch’essi, in fondo, parlano soltanto di me. Lo scritto «Wagner a Bayreuth» è una visione del mio avvenire, mentre in «Schopenhauer educatore» è scritta la mia storia intima, il mio divenire, sopra tutto il mio voto!.... Ciò ch'io sono ora; dove sono ora: ad un’altezza donde non parlo più con parole, ma con fulmini.....; ah! quanto lontano ero allora da tutto ciò! Ma io vedevo la terra, io non m’ingannai un solo istante sulla via, sul mare, sul pericolo e sul successo. La grande calma nel promettere, questa felice prospettiva del futuro, non deve rimanere una semplice promessa! Qui ogni parola è sentita, profonda, intima, non mancano le cose più dolorose, ci sono anche delle parole a dirittura sanguinanti; ma un vento di grande libertà soffia su tutto ciò.
Sul mio modo d’intendere il filosofo — come una terribile materia esplosiva che mette in pericolo ogni cosa — sul mio concetto del filosofo, le mille miglia lontano da un concetto che ancora lo stesso Kant racchiude in sè — per non parlare dei ruminanti accademici e degli altri professori di filosofia — su tutto ciò quest’opera dà dei ragguagli inapprezzabili, pure ammettendo che, in fondo, non vi si parli di «Schopenhauer educatore», ma del suo contrario, di «Nietzsche educatore ». Considerato che, allora, il mio mestiere era quello del dotto e che, fors’anche, io comprendevo il mio me-