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parola verità», bisognerà cercare ciò ch’è veramente veritiero sotto i nomi peggiori. Zarathustra non lascia alcun dubbio su questo proposito: egli dice che fu proprio la conoscenza dei buoni, degli «ottimi» a ispirargli il terrore dell’uomo in generale; che proprio questa ripugnanza gli aveva cresciute l’ali e l’aveva spinto «avanti nel lontano futuro». Egli non nasconde che il suo tipo d’uomo, un tipo relativamente superumano, è superuomo proprio confrontato coi buoni, e che i buoni e i giusti chiamerebbero il suo superuomo un diavolo....

«O voi, uomini sommi che il mio occhio incontra, questo è il mio dubbio sul conto vostro, questo mi fa ridere segretamente: io penso che voi chiamereste il mio superuomo, un diavolo! Siete talmente estranei alla Grandezza, nella vostra anima, che per voi il Superuomo sarebbe terribile nella sua bontà....».

Da questo punto, e da nessun altro, bisogna prender le mosse per comprendere ciò che vuole Zarathustra: la specie d’uomo ch’egli concepisce, concepisce la realtà com’è: è abbastanza forte per farlo. Essa non è estranea, non è lontana dalla verità; è la verità; essa ha ancora in sè tutto ciò che in quella v’è di terribile e di problematico: solo così l’uomo può avere della grandezza....


6.


Ma anche in un altro senso mi sono scelto la parola immoralista come distintivo e insegna onorifica: sono superbo di portare questo nome che mi mette in rilievo di fronte a tutta l’umanità. Nessuno ha sentito, ancora, la morale cristiana al di sotto di sè: per ciò occorreva un’altezza, una vastità d’orizzonti, una profondità psicologica inaudita. La morale cristiana è stata finora la Circe di tutti i pensatori: essi stavano al suo servizio. Chi è sceso prima di me nelle caverne da cui emana il soffio avvelenato di quella specie d’ideale ch’è la calunnia del mondo? Chi ha osato soltanto di dubi-