Pagina:E supremi apostolatus (edizione Roma 1903).djvu/16

 
— 14 —
 



chè i membri del clero non sieno tratti alle insidie di una certa nuova scienza e fallace, che in Cristo non s’insapora, e che con larvati e subdoli argomenti si studia di dar passo agli errori del razionalismo o semirazionalismo; contro i quali l’Apostolo già avvertiva il suo Timoteo di premunirsi, scrivendogli: Custodisci il deposito, evitando le profane novità di parole e le opposizioni di una scienza di falso nome, che taluni promettendo vennero meno nella fede1. Ciò però non toglie che riputiamo degni di encomio quei giovani sacerdoti che si dánno allo studio di utili dottrine, in ogni genere di scienze, per poter quindi esser meglio apparecchiati a difendere la verità e a ribattere le calunnie dei nemici della fede. Pur nondimeno non possiamo nascondere, ma dichiariamo anzi apertissimamente, che le preferenze Nostre sono e saranno sempre per quelli, i quali, pur coltivando l’ecclesiastica e letteraria erudizione, si dedicano più da vicino al bene delle anime coll’esercizio di quei ministeri, che sono propri d’un sacerdote zelante dell’onore divino. È grande tristezza ed un continuo dolore pel Nostro cuore2 il ravvisare adattarsi pure ai nostri giorni il pianto di Geremia: I pargoli domandarono pane, e non era chi loro lo spezzasse3. Imperocchè non mancano nel clero quei che, a seconda del proprio genio,

  1. I Tim. vi, 20 s.
  2. Rom. ix, 2.
  3. Thren. iv, 4.