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nel prosciugatoio. Prendete il vostr’oro, le vostre gioie e fuggite, fuggite!

— Ma dove vuoi che io fugga, balia mia? domandò Van Baerle.

— Saltate dalla finestra.

— Venticinque piedi?

— Cadrete sopra sei piedi di terra smossa.

— Sì, ma cadrei sopra i miei tulipani.

— Non importa, saltate.

Cornelio prese il terzo tallo, si avvicinò alla finestra, l’aprì, ma all’aspetto del guasto che avrebbe causato nelle sue caselle ben più che alla vista dell’altezza che bisognerebbe saltare.

— Mai! disse, e fece un passo indietro.

In questo momento vedevansi riflettere nei mari della branca di scala le alabarde dei soldati.

La nutrice alzò le braccia al cielo.

Quanto a Cornelio Van Baerle, bisogna dirlo a lode non già dell’uomo, ma del tulipaniere, la sua sola preoccupazione fu per i suoi inestimabili talli.

Cercò cogli occhi una carta dove involgerli, scòrse il foglio della Bibbia posato da Craeke, lo prese senza ricordarsi, tanto era grande il suo turbamento, donde gli fosse venuto, e involtandovi le tre cipollette, se le nascose in petto, aspettando. I soldati preceduti dal cancelliere entrarono in quel momento.

— Siete voi il dottore Cornelio Van Baerle? domandò il cancelliere, benchè lo conoscesse perfettamente; ma in ciò conformavasi alle regole della procedura; il che dava, come si vede, una somma gravità alla interrogazione.

— Son’io, messer Van Spennen, rispose Corne-