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La sola raccomandazione che gli fece, fu di non consegnare il deposito che a lui, o con un ordine suo in iscritto, qualunque si fosse la persona che venisse a ricercarlo. E Van Baerle, come abbiamo visto, aveva chiuso il deposito nell’armadio delle cipollette rare.

Poi, il ruward partito, brusìo e chiarore estinti, il nostro galantuomo non aveva più pensato a quell’involto, al quale però pensava fissamente Boxtel, che simile all’esperto pilota vedeva in quello la nuvoletta lontana e microscopica, che ingrandisce camminando e che chiude in seno l’oragano.

Ed ora ecco tutti i germi della nostra storia piantati nel grasso terreno che estendesi da Dordrecht all’Aya. La segua chi vuole nei successivi capitoli; che quanto a noi non per altro ci siamo fin qui allungati se non per provare che nè Cornelio nè Giovanni de Witt non ebbero in tutta Olanda un più feroce nemico di quello che Van Baerle aveva nel suo vicino Isacco Boxtel.

Tuttavolta il tulipaniere vivendo di tutto ciò allo scuro, aveva fatto cammino verso la meta proposta della società di Harlem, ed era passato dal tulipano bistro al tulipano caffè bruciato. Ora tornando a lui nel giorno medesimo, che succedeva all’Aya il grande avvenimento da noi già raccontato, lo ritroviamo verso il tocco dopo mezzogiorno levare dalla sua casella le cipollette ancora infruttifere di una semenza da tulipani caffè bruciato, la cui fioritura fino a quel momento abortita era fissata al principio dell’anno 1673, la quale non poteva mancare di dare il gran tulipano nero richiesto dalla società di Harlem.