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sul quale Boxtel puntava incessantemente il suo canocchiale.

L’invidioso era più che mai immobile al suo posto. Ei vide dapprima rischiarare le mura e le vetrate, e poi apparire due ombre. L’una d’esse maestosa, grande, severa si assise presso la tavola, dove Cornelio avea depositato la candela. In quest’ombra Boxtel riconobbe il viso pallido di Cornelio de Witt, i cui lungi capelli neri divisi sulla fronte cadevano sulle sue spalle.

Il ruward di Pulten dopo aver detto a Cornelius alcune parole, di cui l’invidioso non potè comprenderne il senso al movimento delle labbra, cavò di seno un involto bianco diligentemente chiuso, e glie lo porse; il quale involto Boxtel al modo con cui Cornelius lo prese e lo depose in un armadio, sospettò potessero essere fogli della più grande importanza.

Egli dapprima pensò che quell’involto prezioso racchiudesse qualche tallo nuovamente venuto dal Bengala o dal Ceylan; ma avea ben tosto pensato che Cornelio punto coltivava i tulipani e non occupavasi d’altro che dell’uomo, cattiva pianta, molto meno gradevole a vedersi e soprattutto ben più difficile a farsi fiorire.

Fermossi dunque a questa idea che quell’involto contenesse puramente e semplicemente fogli riguardanti politica. Ma perchè dare dei fogli riguardanti politica a Cornelius, che non solo era, ma si vantava essere tutt’affatto estraneo a quella scienza ben più oscura a suo parere della chimica e dell’alchimia ancora?

Senza dubbio era un deposito che Cornelio già