Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/83


69

Cornelio nel suo laboratorio in mezzo ai libri ed ai suoi quadri. Raramente andava nella stanza delle cipollette, se non nel caso di farvi penetrare qualche po’ di sole, appena presentassesi, che faceva cadere, aprendo una ribalta di vetri, volesse o non volesse, dentro quel recinto.

La sera, di cui noi parliamo, dopochè il de Witt e Cornelio avevano insieme visitato gli appartamenti, seguiti da alcuni domestici:

— Figlio mio, disse sottovoce Cornelio a Van Baerle, licenziate questa gente e permettete che restiamo alcuni momenti soli.

Cornelius fece cenno di obbedire; e poi a voce alta:

— Signore, vi piacerebbe, disse Van Baerle, di visitare adesso il mio prosciugatoio dei tulipani?

Il prosciugatoio, questo Pandemonio della tulipanería, questo santo santorum, era già come in Delfo interdetto ai profani.

Nessun servo mai aveavi messo il piede audace, come avrebbe detto il gran Racine, che fioriva a quest’epoca. Cornelius non vi lasciava penetrare che la granata inoffensiva di una vecchia servente frisiana, già sua balia, la quale dacchè Cornelius erasi dedicata al culto dei tulipani, non osava mettere più cipollette negli stracotti per paura di scorticare e di assassinare gli Dei del suo allattato.

Cosicchè alla sola parola di prosciugatoio, i servi che portavano i doppieri si allontanarono rispettosamente. Cornelius prese la candela di mano del più vicino e precedette il suo compare nella stanza.

Aggiunghiamo a ciò che siamo per dire, che il prosciugatoio era quello stesso gabinetto invetriato,