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di Harlem propose un premio per chi scoprisse, noi non osiamo dire, per chi fabbricasse il gran Tulipano Nero, però senza vergature, problema non risoluto e riguardato come insolubile, se si consideri che a questa epoca la specie non esisteva neppure allo stato del bistro in natura. Il che faceva supporre a ognuno che i promotori del primo avrebbero potuto eziandio assegnare due milioni invece di cento mila lire; tanto la cosa era impossibile.

Il mondo tulipaniero non fu meno compreso di stupore di una tale proposta. Pure alcuni amatori ne presero l’idea, ma senza credere alla sua applicazione. Nulladimeno è tale la potenza immaginaria degli orticultori, che riconosciuta fin da principio senza fondamento la loro speculazione, non pensassero al momento che al gran tulipano nero, reputato chimera come il cigno nero d’Orazio e come il merlo bianco della tradizione francese.

Van Baerle fu uno dei tulipanieri, che ne prendesse l’idea; Boxtel fu uno di quelli, che si attennero alla speculazione. Dal momento che Van Baerle si ficcò tale idea nella sua testa perspicace e ingegnosa, cominciò la sementa e le operazioni necessarie per condurre dal rosso al bruno e dal bruno al bruno assoluto, i tulipani che aveva finallora coltivati.

L’anno innanzi aveva ottenuto prodotti di un bistro perfetto, e Boxtel li vide nella di lui casella, mentrechè egli non aveva trovato ancora che il bruno chiaro.

Sarebbe forse importante spiegare ai lettori le belle teorie, che consistono a provare che il tulipano impronta agli elementi i suoi colori; ci si saprebbe forse