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do di calore; e di più aveva la più ammirabile delle esposizioni solari e una vasta stanza, dove conservare le sue cipollette e i suoi talli; stanza luminosa, ariosa, ventilata, ricchezze interdette a Boxtel, che era stato costretto di consacrare a quest’uso la sua camera, e che per non nuocere con l’influenza degli spiriti animali ai suoi talli e ai suoi ovoletti aveva fatto la privazione di dormire in granaio.
Così uscio a uscio, muro a muro Boxtel andava ad avere un rivale, il quale invece di essere un giardiniere oscuro, sconosciuto, era il figlioccio di messer Cornelio de Witt, quanto dire una celebrità.
Boxtel, si vede bene, aveva lo spirito men generoso di Poro, che consolavasi d’essere stato vinto dal grande Alessandro, precisamente a cagione della celebrità del suo vincitore.
Difatti che accaderebbe se mai Van Baerle trovasse un nuovo tulipano e lo nominasse Giovanni de Witt dopo averne nominato un altro la Cornelia? Sarebbe lo stesso che crepare di rabbia.
Così nella sua previdenza invidiosa Boxtel profeta del suo male, indovinava quello che sarebbe accaduto. Per lo che fatta questa scoperta, egli passò una notte la più esecrabile a immaginarsi.
VI
L’odio di un Tulipaniere.
Da questo momento invece di una preoccupazione Boxtel ebbe una paura. Tutto ciò, che dà vigore e nobiltà agli sforzi del corpo e dello spirito, la cul-