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— Che uomo è questo deputato Bowelt? lo conoscete?

— Un bonuomo, per quello che so, mio signore.

Il giovine sentendo tale commendatizia del carattere di Bowelt fatta dall’officiale, fece un movimento sì strano di disapprovazione, di scontento sì visibile, che rimarcato dall’officiale affrettossi a soggiungere:

— Così si dice, mio signore. Quanto a me non posso nulla affermare, non conoscendolo personalmente.

— Bravo, replicò colui, che era stato chiamato, mio signore; volevi dire bonuomo, o bravuomo?

— Ah! mio signore, scusatemi; non oserei fare cotale distinzione alla presenza di un uomo che, io lo ripeto a Sua Altezza, non lo conosco che di vista.

— Al fatto, mormorò il giovane; aspettiamo e vedremo.

L’officiale piegò la testa in segno di assentimento e si tacque.

— Se questo Bowelt gli è un bravuomo, continuò l’Altezza, riceve scimunitamente la domanda, che gli fanno questi arrabbiati.

E lo scatto nervoso delle mani sue, che agitavansi suo malgrado sulle spalle del compagno, come avrebbero fatto le dita di un suonatore sulla tastiera di uno strumento, tradiva la sua ardente impazienza sì male mascherata in tali momenti, e specialmente in questo sotto l’aria gelata e scura della sua fisonomia.

Intendevasi allora il capo della deputazione paesana interpellare il deputato, perchè dicesse, dove trovavansi gli altri deputati suoi colleghi.

— Signori, rispose per la seconda volta il Bowelt,