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un accento che rivelava un sentimento doloroso; chi vuoi che ci pensi?

— Oh! bella! i Governi. Che i poveri hanno i mezzi per pensare alla propria educazione?

— Caro Cecchino, che così chiamavasi il giovine, ecco dove tu prendi un granchio a secco. Ti pare che i Governi vogliano pensare alla educazione delle povere masse?

— E perchè no; Antonio?

Così chiamavasi l’uomo dal naso aquilino.

— Perchè credono e hanno sempre creduto che, educando il popolo, darebbero le sassate alla loro colombaia.

— Non intendo.

— Mi spiegherò. Al popolo quanto è più ignorante, e più gli si fa bever grosso e gli si vendono lucciole per lanterne. Chi governa ha interesse di far credere che tutto il bene venga da lui, e il male dai cattivi che per caso lo avversino; sicchè tengono sempre questa bestia selvaggia al guinzaglio per aizzarla contro chi desidererebbe veramente il bene di tutti, il bene del proprio paese a danno, non c’è dubbio, di chi vuole comandare senza maestri di casa.

— Non intendo ancora, mio buon Antonio.

— Lo credo, voialtri giovani, che avete studiacchiato, andate innanzi con un preconcetto falso, e così vedete le cose come vorreste che fossero e non come sono. Si andò, si va e si anderà sempre così in fatto di educazione popolare; perchè si crede che fatta acquistare la luce ai ciechi, questi vorrebbero camminare a loro senno, rimandando a casa la guida.

— Ed io sono di parere opposto; che anzi quando