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si più che a metà fuori della portiera. Dov’è? dov’è?

— Laggiù sul trono, lo vedete?

— Lo vedo!

— Andiamo, signore, disse l’officiale, ora bisogna partire.

— Oh! per pietà, di grazia, signore, disse Van Baerle, oh! non mi menate via! lasciatemi guardare un altro poco! Come? Quello che vedo laggiù è il tulipano nero, proprio nero... possibile? Oh! signore, l’avete voi visto? No, no, deve avere delle macchie, deve essere imperfetto, e forse è tinto di nero; oh! s’io fossi lì, saprei ben dirlo io, o signore; lasciatemi scendere, lasciatemelo vedere da vicino, ve ne prego.

— Che siete matto? Non posso.

— Ve ne supplico.

— Ma dimenticate che siete prigioniero!

— Sono prigioniero, è vero; ma sono un uomo d’onore, e sul mio onore, signore, non fuggirei mai, non tenterei mai di salvarmi; lasciatemi solamente guardare il fiore!

— Ma i miei ordini, signore?

E l’officiale fece un nuovo movimento per ordinare al soldato di rimettersi in via.

Cornelio l’arrestò ancora.

— Oh! siate paziente, siate generoso! tutta la mia vita dipende da un moto della pietà vostra. Ahimè! la vita mia, signore, probabilmente non sarà lunga. Ah! che voi non sapete quanto io soffra; non sapete l’aspra guerra che fassi nella mia testa e nel mio cuore; perchè se fosse mai, continuò Cornelio disperatamente, perchè se fosse mai il mio tu-