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e nemmeno pel popolaccio alterato che ingozza come un rinfresco il cetriolo acconciato nella salamoia. Per noi non istà qui l’interesse della situazione scenico-drammatica.

L’interesse è nella figura raggiante e animata che cammina in mezzo ai membri del comitato di orticoltura, l’interesse è nel personaggio fiorito a cintola, leccato, lisciato, vestito tutto di scarlatto, colore che fa risaltare il suo nero pelame e la sua tinta giallastra.

Questo trionfatore raggiante, inebriato, questo eroe destinato all’insigne onore di far dimenticare il discorso di Van Herysen e la presenza dello Statolder, gli era Isacco Boxtel, che vedeva alla sua diritta andarsi innanzi sopra un drappo di velluto il Tulipano nero, suo prezioso figlio: a sinistra in una vasta borsa i cento mila fiorini in belle monete d’oro luccicanti, abbaglianti, che egli avea preso il partito di sbirciarli di fuori per non perderli un istante di vista.

Di tempo in tempo Boxtel affretta il passo per strisciare il suo gomito al gomito di Van Herysen. Boxtel da ciascuno prende un po’ del suo valsente per formarne un valsente proprio, tale quale ha fatto rubando a Rosa il suo tulipano per farsene sua gloria e sua fortuna.

Anche un quarto d’ora e il principe arriverà e il corteggio farà alto all’ultima posata; il tulipano essendo posto sopra il suo trono, il principe cedendo il primo posto al suo rivale nell’adozione pubblica, prenderà una pergamena squisitamente miniata, sulla quale è scritto il nome dell’autore, e proclamerà a