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ciò che aveva sofferto. Parlò delle durezze di Grifo della distruzione del primo tallo, del dolore del prigioniero, delle precauzioni prese, affinchè il secondo tallo arrivasse a bene, della pazienza del prigioniero, delle sue agonie durante la loro separazione; come egli avesse voluto morire di fame, perchè non aveva più nuove del suo tulipano; e della gioia che egli aveva provato nella riunione; con in fine la disperazione di ambedue, quando si avvidero che il loro tulipano appena fiorito era loro stato rubato.
Tutto ciò fu raccontato con tale accento di verità che lasciava impassibile il principe, almeno in apparenza, ma che non lasciava di fare il suo effetto sopra il signor Van Herysen.
— Ma, disse il principe, non è molto che conoscete questo prigioniero?
Rosa aperse i suoi grandi occhi e fissò lo sconosciuto, che cacciossi nell’ombra come se non si fosse voluto far vedere.
— A che ciò? dimandò Rosa.
— Perchè non sono che quattro mesi che il carceriere Grifo e sua figlia sono a Loevestein.
— È vero, signore.
— A meno che non abbiate sollecitato la permuta di vostro padre per seguire qualche prigioniero che sia stato dall’Aya trasportato a Loevestein.
— Signore! fece Rosa arrossendo.
— Finite, disse Guglielmo.
— Lo confesso, io aveva conosciuto il prigioniero all’Aya.
— Fortunato prigioniero! disse Guglielmo sorridendo.