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— Signore, esclamò Rosa, questo Boxtel, questo Isacco Boxtel, che si dice proprietario del tulipano nero....
— E che lo è difatto.
— Non sarebbe mica un uomo magro?
— Sì.
— Calvo?
— Sì.
— Guercio?
— Credo che sì.
— Inrequieto, storto, ranco?
— In verità, che ne fate il ritratto lineamento per lineamento del signor Boxtel.
— Signore il tulipano è egli in un vaso di maiolica turchina e bianca a fiori giallognoli rappresentanti una panierina sopra le tre faccie del vaso?
— Oh! quanto a questo, non ne sono sicuro, che ho più osservato il fiore del vaso.
— Signore, è il mio tulipano, è quello che mi è stato derubato; signore, è la mia fortuna: vengo qui a reclamarlo avanti a voi, da voi.
— Oh! oh! fece Van Herysen guardando Rosa. Che! Venite qui a reclamare il tulipano del signor Boxtel. Affè di Dio! siete una comare un po’ ardita!
— Signore, disse Rosa un poco conturbata da quell’apostrofe, io non vengo a reclamare il tulipano del signor Boxtel, ma vengo a reclamare il mio.
— Il vostro?
— Sì: quello che ho piantato e allevato io stessa.
— Ebbene, andate a trovare il signor Boxtel all’Osteria del Cigno Bianco, ve la intenderete con lui; quanto a me, siccome la causa parmi non me-