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aprirla il momento, che si conoscesse la sua fuga, discese la scala, escì della prigione per la porta, che un’ora innanzi aveva dato l’egresso a Boxtel, si portò presso un affittuario di cavalli, e chiese la vettura di un calessino.
Il vetturino non ne aveva che uno: era per l’appunto quello affittato fin dalla vigilia a Boxtel, sul quale correva per la via di Delft.
Noi diciamo per la via di Delft, perchè bisognava fare un enorme giro per andare da Loevestein ad Harlem: a volo di uccello la distanza non sarebbe stata della metà.
Ma non vi sono che gli uccelli che possano viaggiare a volo in Olanda, paese il più intersecato da fiumi, da ruscelli, da canali, da riviere e da laghi di qualunque altro paese del mondo.
A Rosa dunque fu forza di prendere un cavallo, che le fu facilmente fidato: che il vetturino conosceva Rosa per la figlia del soprastante della fortezza.
Rosa aveva una speranza, ed era di raggiungere il suo espresso, buono e bravo giovinotto, che la condurrebbe seco e che le servirebbe al tempo stesso di guida e di appoggio.
Difatti non aveva corso ancora una lega, che ella lo scorse allungare il passo sopra una proda di una graziosa strada che costeggiava la riviera.
Messe il cavallo al trotto e lo raggiunse.
Il bravo giovane ignorava l’importanza del suo messaggio, e nulladimeno camminava come se lo conoscesse. In meno di un’ora aveva già fatto una lega e mezzo.
Rosa gli riprese il biglietto diventato inutile, e