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— Rubato! me l’hanno rubato!

In questo frattempo Boxtel escì di castello per la porta che aveva aperta la stessa Rosa, e col tulipano nero involto dentro un mantello erasi gettato in un calesse, che lo aspettava a Gorcum, e disparve senza avere, ci s’intende, avvertito l’amico Grifo della sua precipitosa partenza.

Ed ora che lo abbiamo visto montare nel suo calessino, lo seguiremo, se il lettore ce lo acconsente, fino al termine del suo viaggio.

Camminava di passo: non si fa correre impunemente la posta a un tulipano nero.

Ma Boxtel temendo di non arrivare a tempo, fece fabbricare a Delft una cassetta tutta intorno vestita di bella borraccina fresca, è v’incassò il tulipano, cosicchè il fiore vi si trovava così mollemente accomodato da tutti i lati, e arieggato al di sopra, che il calessino potè prendere il galoppo senza possibile pregiudizio.

Arrivò l’indomani mattina a Harlem, spossato ma trionfante, mutò il suo tulipano di vaso per fare sparire ogni traccia di furto, spezzò il vaso di maiolica, e gettò i cocci nel canale, scrisse al presidente della società orticola una lettera, nella quale annunziavagli, che egli era giunto a Harlem con un tulipano perfettamente nero, e istallossi in una buona osteria con il suo fiore intatto.

Là egli attese.