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— State tranquillo, disse Rosa ridendo, non ha ancora l’età, giacchè voi stesso l’avete fissata dai ventisei ai ventotto.
— Ma credete di poter contare su questo giovine?
— Come su me; si getterebbe dalla sua barchetta nel Wahal o nella Mosa, come più mi piacesse, se glielo comandassi.
— Eh! potrebbe, o Rosa, questo giovinotto essere in dieci ore a Harlem. Datemi apis e carta, meglio ancora penna e inchiostro, che scriverò... anzi è meglio che scriviate voi; io povero prigioniero potrei dar sospetto, come a vostro padre, di una cospirazione nascosta. Scriverete al presidente della società d’orticultura, e, ne sono certo, verrà quà il presidente.
— Ma se tardasse?
— Supponete che tardi un giorno o due; ma gli è impossibile, che un amatore di tulipani come lui tardi anco un’ora, un minuto, un secondo a mettersi in via per vedere l’ottava maraviglia del mondo. Ma, come io diceva, tardasse pure un giorno, ne tardasse due, il tulipano sarebbe in tutto il suo splendore. Visto il tulipano dal presidente, ci s’intende, voi riterrete, o Rosa, un duplicato del processo verbale, e gli consegnerete il tulipano. Ah! se lo avessimo potuto portar da noi, o Rosa, sarebbe stato un dolce peso un po’ alle mie e un po’ alle vostre braccia; ma è un sogno cui non bisogna pensare, continuò Cornelio sospirando: altri occhi lo vedranno sfiorire! Oh! soprattutto, o Rosa, che non lo veda persona, prima del presidente. Buon Dio! il tulipano nero sarebbe visto e preso!